Il tema, o almeno uno dei temi, dell’ultimo romanzo di Abraham Yehoshua, La comparsa, uscito in Italia nell’ultimo scorcio del 2015 (per una volta in anticipo sul mercato inglese) è il rifiuto, consapevole, della maternità. Un tema che si staglia sullo sfondo di una società, quella israeliana, sempre più dominata dal conservatorismo, rappresentato dai tanti ultraortodossi che si stanno lentamente impadronendo del quartiere dove vive la madre della protagonista, Noga, una suonatrice d’arpa che suona in un’orchestra sinfonica in Olanda. Si tratta di una problematica particolarmente attuale in un Paese che teme la crescita numerica dei propri scomodi coinquilini arabi, una crescita che mette in discussione il carattere di Israele come Stato ebraico. Ma è in fondo un argomento ugualmente attuale nell’Italia della bassa natalità (compensata in parte dagli effetti dell’immigrazione), e negli USA di questa controversa nuova stagione elettorale, dove le uscite di Donald Trump portano a galla pulsioni scioviniste che sembravano sepolte.
Il libro del grande romanziere israeliano è in realtà molto delicato e se prende posizione lo fa solo in un finale, questo sì, piuttosto tradizionalista, o almeno così mi è sembrato. Al centro della scena è “la comparsa”, protagonista femminile complessa e sfuggente, a volte indecifrabile. Attorno a lei, una serie di personaggi disegnati con particolare maestria, e di situazioni solo apparentemente minime, che in realtà, a lettura terminata, ci rimangono impresse tanto quanto la storia portante.
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