C’era una volta negli anni settanta una città di nome New York. Ve la ricordate? Puzzava, ti ci facevi scippare, c’erano barboni e vagoni di metrò taggati da tutte le parti, ma era una città. A Times Square regnavano gli spacciatori e le puttane —non quelli multinazionali che ci stanno oggi ma quelli imprenditoriali. I bianchi scappati nei suburbs avevano lasciato spazio ad artisti, immigrati (dominicani, cinesi, sovietici) ed emarginati di tutte le salse. Fun City in breve non era ancora un centro commerciale per i figli di papà bensì una specie di zuppa primordiale pullulante di vitalità.
Nostalgie de la boue ? Sì, se per boue intendiamo Keith Haring e Robert Mapplethorpe, Patti Smith e la giovanissima Madonna, Yoko e John, Andy Warhol, Jean-Michel Basquiat, Laurie Anderson e gli svariati crazy ones che elessero dimora nella nostra città. E col cambiamento radicale di costumi fomentato dalla pillola anticoncezionale, dal boom dei voli di lungo tragitto, dall’uso di stupefacenti, dalla rivolta di Stonewall e da molte altre dinamiche ci si infiltrò anche un immigrato meno gradito, il virus dell'immunodeficienza umana (HIV). Un ottimo podcast di Radiolab racconta la caccia al patogeno, parente di un microbo emerso negli scimpanzé migliaia d’anni fa.
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