Qual è il maggiore dei problemi riguardanti le nuove avventure di Toula, di suo marito Ian e della scombinata e chiassosa famiglia Portokalos? Probabilmente il tempo che passa. Quattordici anni di distanza dal primo esaltante successo sono molti, soprattutto se si tratta di una commedia. Rispetto al 2002 il pubblico medio si è sensibilmente ringiovanito, fattore che ha comportato un cambiamento quasi radicale nei film comici: linguaggio e situazioni più liberi e “terreni”, storie e riferimenti sempre più attenti all’attualità e alla società contemporanee (almeno i loro lati più deliranti e superficiali), un’estetica che non esita più di fronte a quelli che prima erano considerati tabù. Insomma, la vecchia amata commedia per famiglie se non è morta del tutto si trova in uno stato di agonia.
Come dimostra My Big Fat Greek Wedding 2, lungometraggio che Nia Vardalos e il suo team sembrano aver proposto forse fuori tempo massimo. Determinati meccanismi della commedia per famiglie appaiono ormai appartenere a un tipo di cinema che oggi non viene più concepito o messo in produzione, se non all’interno del circuito più indipendente. E ad aggravare la situazione interviene anche il fatto che il sequel non possiede neppure la freschezza e l’originalità che avevano alla fine decretato il sorprendente successo del primo episodio. Si capisce fin dalle primissime scene che Nia Vardalos, la quale ha impiegato svariati anni per scrivere la sceneggiatura, non ha capito con certezza quali strade imboccare, sia dal punto di vista narrativo che riguardo la caratterizzazione dei personaggi. Sì, un minimo di trama è presente nel film, così come un paio di situazioni divertenti.
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