Il giro del mondo Out the Frame di questa rubrica parte ancora una volta dagli ultimissimi Oscar, anzi, dalla ravvicinata concomitanza di Oscar e Berlinale, che ci offre diversi spunti per approdare in Danimarca a curiosare sullo stato di salute di uno dei paesi europei in assoluto più prolifici di autorialità cinematografica. Il cinema danese è stato alla ribalta negli ultimi appuntamenti per cinefili mondiali. Nella cinquina delle candidature dell’Academy come miglior film straniero c’era infatti A War (Krigen), di Tobias Lindholm, presentato a settembre con buon successo nella sezione Orizzonti della Mostra del cinema di Venezia e uscito a fine febbraio nelle sale americane. Alla Berlinale, invece, The Commune (Kollektivet), il nuovo film di Thomas Vinterberg – uno dei registi più influenti nella nouvelle vague danese, insieme a Lars Von Trier – è stato accolto positivamente e ha portato anche un meritatissimo premio alla bravissima e bellissima Trine Dyrholm. Due segnali che ci mostrano come il cinema del paese scandinavo continui ad essere ottimamente in grado di sfornare opere di grande interesse e qualità.
In fatto di candidature agli Oscar, per la verità, la Danimarca può vantare ben quattordici nomination dal 1957, anno della prima candidatura di Qivitoq di Erik Balling, a quella di quest’anno, e tre vittorie: Il pranzo di Babette (Babettes gaestebud, negli Stati Uniti Babette’s Feast, 1987) di Gabriel Axel, Pelle alla conquista del mondo (Pelle erobreren, negli Stati Uniti Pelle the Conqueror, 1988) di Bille August e In un mondo migliore (Haevnen, negli Stati Uniti In a Better World, 2010) di Susanne Bier.
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