Franco Ferrarotti, padre della sociologia italiana compie 90 anni. Nato a Palazzolo Vercellese il 7 aprile 1926 venne subito dato per spacciato per la sua salute fragile: “Ero troppo debole e per le dure leggi del mondo contadino venivo considerato uno scarto. Un peso da cui liberarsi. Ho cominciato a parlare a cinque anni. Pensavano fossi un ritardato mentale. Paradossalmente fu un vantaggio, perché il silenzio sviluppò in me le capacità di osservazione, che arricchii leggendo. Alla biblioteca comunale passavo le giornate. Mio padre cominciò a odiarmi. Diceva con disprezzo: diventerai un uomo di carta. Non ha avuto tutti i torti. L’ho anche scritto: sono nato in mezzo ai libri. Morirò baciando la loro polvere. Aveva ragione mio padre: sono un uomo di carta” ha detto in occasione della presentazione a Roma del suo ultimo libro, 1965 un anno qualunque (Guida, 2015).
Chi scrive ha avuto il privilegio di seguirne le lezioni alla Facoltà di Sociologia de La Sapienza di Roma e negli anni a seguire specializzazioni in sociologia qualitativa e ricerche sul campo. Difficilissimo presentare una mente così sui generis, un uomo di una rara erudizione capace di citazioni a memoria in più lingue, capace di argomentare da un tema all’altro con una lucidità da fare invidia ad un trentenne. Se la lettura, l’esercizio della memoria e soprattutto la curiosità verso le persone ed il mondo sono determinanti per mantenersi attivi, Ferrarotti ne è la prova. Da anni è professore emerito di Sociologia all’Università La Sapienza di Roma, ma ancora nel 2013 teneva lezioni alla New York University e alla Sorbona di Parigi dove ha diretto la Maison des Sciences de l’Homme. Franco Ferrarotti ha insegnato anche in America Latina, Russia, Giappone. Dal 1958 al 1963 fu deputato (per il Movimento Comunità di Adriano Olivetti) ma ebbe il coraggio di ammettere: “la politica mi piaceva troppo, finiva per mangiarmi la vita. Il piacere di una vittoria politica è più forte di un orgasmo”.
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