David di Donatello 2016: Perfetti sconosciuti vince il premio come miglior film, ma “numericamente” stravincono Il racconto dei racconti di Matteo Garrone e Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti. Il primo è un fantasy. Sì, un fantasy italiano, girato in Italia, ripreso da una raccolta di fiabe della tradizione popolare italiana, girato da un regista romano tra i migliori della sua (giovane) generazione. L’altro, attenzione, è un action movie, anzi un super hero movie. Italiano. In Italia. Con i supereroi e gli antagonisti che sono borgatari pure un po’ coatti. Nel frattempo, nelle sale, il pubblico va a vedere Veloce come il vento di Matteo Rovere. Regista sconosciuto, anche lui, ma il film attira perché ha trailer e confezione accattivanti e sanamente furbette, ha Stefano Accorsi abbruttito e tossico come mai prima e soprattutto le macchine, tante macchine. Sì, le macchine che corrono veloci, che gareggiano, che si scontrano, si spaccano, si cappottano e poi le corse clandestine, i rally. Un action movie, tirando le somme, ambientato nel mondo delle corse. Italiane. Italiano. In Italia. Allora, tre indizi non fanno forse una prova ma giustificano una domanda: che cosa sta succedendo al cinema italiano? Ragioniamo.
C’era una volta il cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta, quello che aveva tanti sopraffini battitori liberi ma anche un florido cinema di genere, che spaziava dai calzari romani alle pistole fumanti, sui Navigli e nel West. E grazie a questi film “di cassetta”, che piacevano al pubblico, che riempivano le sale, i battitori liberi potevano essere ancora più liberi.
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