Da circa una settimana è arrivato nelle sale americane il film L’attesa di Piero Messina ed è già un successo di pubblico e di critica, come del resto è stato in Italia. Messina, classe 1981, è stato a lungo l’assistente di Sorrentino, per poi debuttare alla regia con questo raffinato lungometraggio che ha anche partecipato alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia.
Si tratta di un film profondamente drammatico e leggero allo stesso tempo, raccontato con una delicatezza rara. Un film che ha molto a che fare con le origini del regista. È, infatti, ambientato in una Sicilia inedita e sconosciuta ai più. Non è l’isola luminosa tutta mare, limoni e fichi d’india delle pubblicità patinate di Dolce & Gabbana, è piuttosto una Sicilia dell’entroterra, profonda, nel vero senso della parola, cupa, ambigua e ambivalente. La sceneggiatura si basa su un dramma di Pirandello, La vita che ti diedi, che descrive un amore materno così forte da potersi nutrire esclusivamente del ricordo. Ed è proprio di ricordi che si nutre Anna, la madre interpretata da Juliette Binoche. Anna ha modo di rivivere il figlio Giuseppe attraverso uno sguardo per lei inedito, quello di Jeanne, la sua fidanzatina, appena arrivata da Parigi. Jeanne arriva in Sicilia nel pieno di un lutto e non immagina ciò che allo spettatore è da subito evidente. Quella che racconta Messina è un’attesa che ha un che di mistico e non a caso avviene nel periodo pasquale con Waiting for a miracle di Leonard Cohen come colonna sonora. Non avverrà alcun miracolo, ma vedremo consolidarsi la complicità di due donne, altrimenti disperate, unite dall’amore per una persona che non c’è e da un sentimento di alienazione. Non è un caso che le protagoniste siano entrambe straniere e che nella loro lingua si intendano.
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