Cannes 2016, primo giro, prime considerazioni. Va in archivio la prima parte del festival del cinema più importante del mondo, quella che si chiude con il primo weekend e introduce l’ultima settimana di proiezioni e compravendite sulla Croisette. Come abbiamo già sottolineato nei precedenti pezzi, quest’anno il direttore Thierry Frémaux e i suoi selezionatori hanno fatto davvero piazza pulita, senza fare prigionieri. Tutto quello che si vociferava sarebbe finito in palinsesto ci è effettivamente finito, creando anche diversi problemi di pianificazione per questa impressionante e talvolta ingestibile abbondanza. Vedremo che cosa si inventeranno Locarno e soprattutto Venezia e Toronto per costruire programmi decenti con le briciole lasciate dal colosso francese.
C’è un altro aspetto che complica la situazione organizzativa e moltiplica code e tempi di attesa, oltre alle continue sovrapposizioni. È la prima edizione di Cannes “post-13 Novembre”, cioè dopo gli attentati di Parigi, l’11 settembre della Francia e dell’Europa intera, cui è seguito l’ulteriore carico di angoscia dei fatti di Bruxelles. Ovvia conseguenza: si sono moltiplicati gli spettri e irrigiditi i controlli, in uno scenario di tensione cui è probabile dovremo abituarci ancora per molti anni e che è ben rappresentato dall’allarme bomba (falso) che ha scosso il Palais du Festival la vigilia dell’inaugurazione.
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