Se questa recensione fosse un racconto – cioè una metarecensione – si potrebbe intitolare: Ho mollato Albinati. Sì, ho mollato la lettura lineare dopo qualche centinaio di pagine, pescando poi qui e là, alla ricerca delle cose che potevano interessarmi maggiormente. Quindi, sto scrivendo di un libro che non ho letto in maniera completa. È risaputo che una buona fetta dei recensori non legge mai un libro per intero, prima di scriverne, a volte non lo legge affatto (tre quarti delle recensioni che si trovano sul web, poi, sono copia-incolla delle alette/quarte di copertina). Questa è senza dubbio una grave colpa, specie se diventa prassi abituale, anche se nei lettori forti ad un certo punto scatta come una presunzione, quella di poter leggere i libri “per osmosi”, dimodoché a volte uno si convince di avere letto davvero un libro quando invece si è limitato a tenerlo in mano. Sia come sia, e per non dilungarmi troppo, nel caso de La scuola cattolica penso che un giudizio – positivo o negativo – possa essere espresso anche senza avere completato la lettura delle quasi 1.300 pagine del volume.
Mi è impossibile esprimere un giudizio netto su quest’opera. È senza dubbio notevole, ma manca di qualcosa. L’idea che mi sono fatto è che Edoardo Albinati (scrittore, sceneggiatore, da vent’anni anche insegnante nel carcere di Rebibbia) si sia cimentato con un materiale sulfureo – il mondo asfissiante dei giovani maschi, il fallimento dell’educazione impartita nelle scuole cattoliche e la loro capacità di partorire mostri come i massacratori del Circeo – ma lo abbia trattato con una certa accondiscendenza, sul piano narrativo non meno che su quello del linguaggio. Al fondo non c’è l’afflato lirico di tanta narrativa di formazione (che amo). Né una vera condanna, radicale e senz’appello, quella con cui ad esempio Paul Nizan liquida – in pochissime righe – l’Ecole Normale nell’incipit del suo Aden Arabia (facendo sollevare un sopracciglio a Sartre). Eppure alcune scelte, parlo della lunghezza inusitata ma soprattutto dell’implicito rifiuto della forma-romanzo, sono di per sé inusuali. Lascerebbero presupporre un approccio più radicale.
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