Il principe Ranieri
L’aria di maggio trae in inganno. In Italia spira un vento gelido di ponente che confonde le idee ed allunga l’attesa dell’estate che, terminate le bizzarrie del tempo, pretenderà il diritto di scavalcare la primavera che ormai non esiste più da decenni. In questo clima assurdo fatto di incertezze, una leggenda oltre Manica ci assale e si prende lo spazio che merita. Un piccolo angolo d’Italia tra le colline ondulate della terra di Albione si fa strada valorosamente tra colossi multimilionari, sceicchi arabi, magnati russi e tra storia e mito. Una piccola realtà di provincia che si trasfigura in un diritto ancestrale di esistenza. E di vittoria. Il piccolo Leicester, minuscolo borgo di provincia collocato a metà strada da tutto ciò che conta, ordinato ed isolato, guidato da Ranieri, sessantaquattrenne romano de Roma, ha vinto il suo primo campionato dopo 132 anni di esistenza barcamenata tra serie inferiori e fugaci apparizioni in Premier, che contrasta con la soluzione consensuale del campionato italiano, scontato e noioso, affidato alle sapienti mani della premiata ditta Agnelli – Allegri. La vittoria del Leicester nel campionato più blasonato d’Europa non è solo la conquista di una scudetto, è un caleidoscopio di emozioni, un sogno che ancora adesso facciamo fatica a vedere realizzato. Lo strapotere di squadre come Liverpool, Tottenham, Chelsea, Manchester City e United, farcite fino all’inverosimile di stelle pagate fior di milioni stavolta non ha fatto la differenza. I soldi servono pure a qualcosa, stavolta sono serviti a farci ricredere. Il Leicester si era salvato all’ultima giornata di campionato appena l’anno scorso. Le ceneri di una piccola squadra di provincia erano ammassate in una fossa comune, in attesa del verdetto di definitiva scomparsa dallo scenario alettante della Premier League. Dopo la salvezza la squadra, orfana del suo allenatore deferito per scarsa professionalità e per piccoli scandali fu affidata ad un eclettico italiano, che a vederlo sembrava più un lord inglese che un romano di borgata. Claudio Ranieri, colui che “è bravo ma non vince mai”. Le favole hanno un inizio, torbido, ancestrale,quasi impossibile da comprendere. Un cammino costellato di difficoltà, giocatori che abbandonano, poi ci ripensano. Alcuni militanti nelle classi inferiori del calcio inglese gettati come gladiatori disarmati nell’arena, altri non all’altezza del compito. Claudio Ranieri, arrivato al castello diroccato e buio della strega cattiva, con sagacia illuminata da una solida base tecnica e tattica, ha saputo, mattone dopo mattone, trasformare un maniero oscuro in un castello fatato. L’acume del suo allenatore unito alla volontà della truppa ha demolito ogni ostacolo, il gruppo ha marciato compatto senza mai sfaldarsi, il collante si cementava ogni giorno di più.
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