Un altro modello di integrazione è possibile. E questa volta non sta tra i faldoni dei grigi palazzi di Bruxelles. Sta in mezzo alla gente, nel territorio, nelle strade dei quartieri delle grandi città, nel volontariato e nel lavoro di giovani e professionisti. Siamo a Ballarò, mercato storico di Palermo. Un quartiere che conta oltre quindici etnie. Quartiere multietnico, ricco di grandi energie, odori, sapori e storie da raccontare. In questi vicoli hanno deciso di investire alcuni ragazzi che vengono dal mondo del terzo settore: Claudio Arestivo, Giovanni Zinna, Roberta Lo Bianco, Gessica Riccobono, Concetta Guzzo, Arina Nawali, Youssupha Thiam.

Incontriamo Claudio Arestivo, palermitano, studi in psicologia dell’infanzia, numerosi anni trascorsi nel mondo del no-profit. Fino a quando non decide di fondare insieme agli altri soci Moltivolti, proprio nel cuore di Ballarò. L’idea nasce come spazio coworking, ma dietro ha una filosofia e una progettualità ben precisa. Non un semplice spazio da condividere, ma uno dove associazioni, gruppi e individui avessero un luogo dignitoso dove operare e si ritrovassero per sviluppare progetti, idee, relazioni. Ed è proprio il tema della relazione l’elemento principale che ha portato alla nascita dello spazio coworking e poi di Moltivolti, l’annessa area ristorante, caffè, bar, che conta cinque etnie in cucina (Afghanistan, Etiopia, Zambia, Gambia, Bangladesh, Italia) e due soci, Arina Nawali e Youssupha Thiam, che vengono rispettivamente dallo Zambia e dal Senegal. “Il gruppo multietnico che abbiamo creato è stato frutto di un processo naturale ̶ spiega Arestivo ̶ Il migrante non è destinatario passivo ma soggetto attivo. Due di loro sono soci che hanno investito in questo progetto e gli altri sono componenti fondamentali di una struttura che si fonda sull’integrazione tra la comunità locale e quella multietnica che fa parte del progetto”.
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