Dopo 20 anni la mafia torna a compiere attentati contro uomini delle istituzioni in Sicilia. L’attentato a Giuseppe Antoci, il Presidente del Parco dei Nebrodi, sta avendo in questi giorni diverse conseguenze. La prima è che ha attirato l’attenzione anche dei media non locali sulla “mafia dei pascoli”, antica quanto pervicace, che Antoci sta combattendo con l’adozione di un protocollo di legalità, in collaborazione con la Prefettura di Messina e con il Comune di Troina, e che è all’origine delle minacce prima e dell’attentato poi. La seconda conseguenza è che l’attentato ad Antoci avviene alla vigilia di un momento solenne per il movimento antimafia tutto, cioè l’appuntamento con il rituale ricordo di Giovanni Falcone in occasione dell’anniversario della strage di Capaci del 23 Maggio 1992.

Il movimento antimafia, decimato dagli scandali, dalla mancanza di prospettive e di contenuti, ad un certo punto scopre un nuovo eroe, Antoci, appunto, al quale aggrapparsi per ridare lustro al sostantivo “antimafia”. Il rischio, reale, è quello, ancora una volta, di ridurre un amministratore, e un politico, che fa bene bene e con responsabilità e dignità il suo compito, a nuova icona dell’antimafia, eroe da candidare, da promuovere a chissà quale ruolo, dimenticandosi ancora una volta dei contenuti. Alcuni indizi di questa deriva ci sono. La fretta, ad esempio, con cui Rosario Crocetta ha fatto sapere che Antoci è un suo uomo, che lui lo ha messo al Parco dei Nebrodi, e che prima lo aveva candidato al Senato nella sua lista, che le minacce le hanno ricevute insieme (il governatore ha diffuso via mail una lettera minatoria “cointestata” a lui e ad Antoci). Così come nel PD hanno giusto qualche ora fa nominato Giuseppe Antoci a “sub commissario per le province di Enna e Messina” (cosa significhi lo sanno solo loro…).
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