Spero che qualcuno si ricordi che a lungo uno dei principi fondamentali e irrinunciabili della democrazia è stato la segretezza del voto. “Voto nullo! Ha mostrato il voto!”, grida una rappresentante di lista nella Giornata d’uno scrutatore di Italo Calvino: una scelta esibita giustificava il sospetto di un condizionamento, di una limitazione della libertà. Per lo stesso motivo ancora oggi viene considerata non valida una scheda con scritte o segni che potrebbero consentire l’identificazione dell’elettore; e molti resistono al voto per corrispondenza con l’argomentazione che il fatto che non sia presidiato lo esponga a possibili pressioni e controlli. Ma i liberisti insistono che questo rigore va rottamato: contano solo i grandi numeri e in fondo si sa già tutto prima, grazie ai sondaggi.
È la grande truffa del nostro tempo: far credere alla gente che valgano solo i risultati, non i procedimenti; come se i risultati fossero valutabili in sé, autonomamente, e non rispetto a un sistema di valori e di norme condivise. Penso che in effetti l’obiettivo primario del liberismo sia la deregulation: economica ma anche morale, culturale e politica. Al fine di consentire il dominio assoluto dei più forti, dei più ricchi, dei più furbi – una regressione alla competizione darwiniana tenuta in scacco per secoli dalla civiltà e dalla democrazia. Basta ascoltare Renzi e i suoi cortigiani con un minimo di attenzione: spesso mentono però più spesso dicono cazzate, che come dimostrò un filosofo americano, sono socialmente ancora più deleterie in quanto non si limitano a contraffare la verità ma ne negano l’importanza. (È sintomatico che il libretto di Harry Frankfurt, Bullshit, continui a essere ristampato in America ma non sia più in commercio in Italia).
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