Cominciamo dalla notizia, che è questa: la Corte di Cassazione stabilisce che il “fatto non costituisce reato” se un giovane straniero senza fissa dimora, spinto dal bisogno, ruba al supermercato piccole quantità di cibo per far fronte a quella che viene definita “imprescindibile esigenza di alimentarsi”. Nel caso concreto il nomade si era appropriato di wurstel e formaggio per quattro euro e sette centesimi. Denuncia (e lasciamo perdere che qualcuno presenta denuncia per quattro euro e sette centesimi); processi di primo e secondo grado, con condanna a sei mesi di reclusione e cento euro di multa; più, si immagina, le spese. E lasciamo perdere la condanna pecuniaria: se uno non ha quattro euro per mangiare wurstel e formaggio non si capisce come possa avere un centinaio di euro per pagare la multa. Fatto è che la Cassazione alla fine annulla le precedenti condanne affermando che è legittimo non punire un furto per fame. E ci si può stare, non fosse per la più generale assurdità di tutta la vicenda.
Quattro euro di wurstel hanno messo in moto questo meccanismo: una denuncia, che sarà stata presentata e raccolta da un’autorità pubblica; la quale l’avrà a sua volta inoltrata alla procura; che avrà avuto validissimi motivi per procedere, e istruire il processo; una prima e una seconda corte di giustizia che si riuniscono per un verdetto, e insomma tutta la macchina giudiziaria che sappiamo. Una decina di toghe per tutti e tre i procedimenti? Un bel po’ di carte, di tempo e tutto l’ambaradan che un procedimento giudiziario comporta. Perché non sono neppure andati in “automatico”, in questa vicenda si sono ben applicati. Per esempio il Procuratore Generale della Corte di Appello aveva chiesto non l’assoluzione, ma uno sconto di pena con la derubricazione del reato da furto lieve, come stabilito in primo e secondo grado, in tentato furto dal momento che il nomade era stato bloccato prima di uscire dal supermercato, su segnalazione di un cliente. Insomma, neppure la soddisfazione di mangiarli, i wurstel e il formaggio.
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