Entriamo nelle redazioni come stagisti. Siamo sfruttati, costretti a subire ogni tipo di sfruttamento. I colleghi che sono qui come noi da più anni diventano dei leccapiedi. E per cosa? Per portarsi a casa una sostituzione e cercare di restare aggrappati con le unghie e con i denti. E a noi va bene così visto che nessuno si ribella. Finché c’è la fila fuori, anche solo per prendere il nostro posto, le cose non cambieranno”. Chi parla vuole rimanere anonimo, lo stage è ancora in corso, ma l’importanza della testata giornalistica che lo ospita è direttamente proporzionale alla frustrazione.
Frustrazione. Questa seconda puntata del nostro viaggio sulle cause dello stato di sofferenza del giornalismo italiano, ha questo sentimento come filo conduttore. Ex editori, neolaureati, studenti delle scuole di giornalismo avrebbero voluto rimanere editori, diventare giornalisti, almeno non essere costretti a fare altro per vivere.
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