Si apprende che dalle fertili menti dei consiglieri di Silvio Berlusconi sta prendendo corpo l’ipotesi di una raccolta di firme per un progetto di legge di iniziativa popolare per l’amnistia. L’idea nasce all’indomani della condanna da parte della Corte di Cassazione, ma i promotori assicurano e garantiscono che non è ad personam: non riguarda specificatamente Berlusconi, ma tutti coloro che per una ragione o per l’altra sono costretti a vivere all’interno delle carceri italiane. Va bene, facciamo finta di crederci. Però è curioso. Vogliono riformare la giustizia, sono preoccupati per quello che accade; e cosa fanno? Si danno appuntamento a settembre, per raccogliere 50mila firme per un testo che comunque per essere legge deve essere discusso e approvato dal Parlamento: in quel Parlamento dove i rapporti di forza sono quelli che sono. Chi, per esempio va a convincere la Lega, il Movimento 5 Stelle e buona parte del PD a votare l’amnistia, che – detto per inciso, richiede una maggioranza qualificata? Potrebbero, a questo punto, più utilmente raccogliere le firme da subito per i dodici referendum radicali, sei dei quali sulla giustizia; referendum che, come abbiamo cercato di spiegare una settimana fa, non comportano vantaggi diretti per Berlusconi, ma affrontano (e in parte potrebbero risolvere) questioni importanti della giustizia, in cui ci si dibatte da anni senza costrutto.
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