In Europa, il risultato del super martedì elettorale statunitense non ha destato più di tante sorprese. Che Donald Trump, almeno in questa fase, continuasse a battere il tempo in casa repubblicana, era dato per scontato. Che Hillary Clinton trovasse nuovi appoggi come candidato esperto e garante del sistema era ritenuto non solo probabile ma certo. Semmai, in un’Europa abituata a guardare al risultato dei caucus di partito non in termini di voti elettorali ma di numero degli stati che si schierano per l’uno o l’altro candidato, l’attenzione è andata a Bernie Sanders, vincitore in quattro stati, e a come in casa repubblicana si creassero o non le condizioni per una coalizione conservativa alternativa in grado di azzoppare l’anatra Donald.
La tornata dei caucus del 15 potrebbe fornire risposte illuminanti in casa repubblicana e dare le dimensioni definitive del fenomeno Sanders, poi, secondo la più parte dei commentatori europei, bisognerà aspettare le convenzioni di luglio. Quella repubblicana, prevista il 18 a Cleveland, dovrà probabilmente sbrogliare la matassa Donald Trump e condizionarne il programma; quella democratica, fissata il 25 a Filadelfia non disperdere la novità dei contenuti di quella che già ora, per le inaspettate dimensioni, è percepita in Europa come l’affermazione di Bernie Sanders. Stando così le cose, nessuno si azzarda a sparare previsioni sul quarantacinquesimo presidente: l’attenzione va piuttosto a come, attraverso gli umori espressi dai caucus, la presente America si stia disvelando ad osservatori e opinione pubblica.
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