Per una volta “Pordenonelegge” si è rivelata palcoscenico ideale e prolifico d’incontri, confronti e affreschi degni di essere annoverati tra i migliori che animano il dibattito culturale italiano, in un clima di rinnovato, crescente interesse per la lettura, a cui non è estraneo il bisogno di rintracciare sentieri di comprensione, laddove le scuole alte dell’economia finanziaria e della politica manifestano tutto il loro disagio, l’incapacità di dare risposte.
E’ appena uscito un preziosissimo volume nei Meridiani Mondadori che raccoglie l’opera del maestro con una bellissima introduzione per cui è possibile ripercorrere le varie stagioni della scrittura di Claudio Magris, critico letterario e scrittore, ma sempre scrittore critico anche quando al centro del suo interesse c’era da comprendere una cultura, più che la creazione letteraria. Magris appare sul palco, di fronte al Teatro Verdi gremito, per ragionare a voce alta su quale sia il vero tema di un libro, cioè che cosa succede nella pratica di uno scrittore quando comincia a scrivere una cosa e magari focalizza una mira, gli viene un personaggio e poi lavorando spesso decide diversamente o addirittura durante il lavoro viene in luce quella che era la vera via iniziale, è così che si entra nell’officina dello scrittore.
«Potrei partire da una domanda che sempre imbarazza molto -, esordisce -, tante volte a gente che scribacchia, come faccio io, si chiede cosa sta scrivendo ed è sempre un momento di disagio, non solo e non tanto per scaramanzia o per paura, anche perché è vero che tante cose che si cominciano, tante idee che si hanno, poi muoiono per strada, tanti progetti si rivelano inconsistenti, ma perché molto spesso, almeno nel mio caso, non si sa bene che cosa si vuole veramente scrivere, all’inizio di qualche cosa che poi diverrà un libro, quando c’era prima neanche l’idea, il primo germinare, la prima inquietudine».
Come quando, suggerisce il triestino Magris, si vede un po’ di venticello e si dice: “Ma chissà, verrà pioggia, verrà bora, passerà?” «C’è come una specie di musica, in basso continuo, c’è qualche figura che viene in mente, qualche sentimento insistente di gioia, di sgomento, di malinconia, sappiamo benissimo -, ci fa sapere -, che tante di queste cose, come dire il momento germinale, tante volte continua, tante volte si perde per strada, ma è difficile determinarlo».
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