A due mesi dalla sua inaugurazione il programma di bike sharing newyorchese registra un buon successo di pubblico, ma non riesce a convincere l'opinione pubblica. Mentre il numero di miglia percorse e di abbonamenti venduti continua a salire (i dati sono disponibili sul sito ufficiale di Citi Bike), alcuni tabloid cittadini e addirittura un giornale serio come il Wall Street Journal hanno lanciato una vera e propria crociata contro Citi Bike accusato di essere pericoloso, scomodo, brutto e chi più ne ha più ne metta. Un atteggiamento conservatore che non cela la matrice politica dietro le critiche, come appare evidente ascoltando la tirata di Dorothy Rabinowitz, giornalista e opinionista del Wall Street Journal, che in una surreale intervista-editoriale, dopo aver accusato il bike sharing di mettere a rischio l'incolumità dei newyorchesi (“Ogni cittadino sa che il pericolo più grande in città non sono i taxi gialli, ma i ciclisti”), ha dato del “totalitario” al sindaco Bloomberg, colpevole, a suo dire, di aver imposto il bike sharing alla città. Eppure nei tre anni trascorsi dall'annuncio del programma, l'amministrazione ha organizzato quasi 400 incontri pubblici, consultato i comitati di quartiere, interpretato gli imprenditori locali e per mesi ha accettato proposte e suggerimenti da parte dei cittadini su come realizzare il servizio e dove piazzare le stazioni. Non si può proprio dire che i newyorchesi siano stati colti di sorpresa, e tuttavia non sono stati in pochi ad affermare che è stato scioccante ritrovarsi sotto casa le file di biciclette blu, accusate di deturpare i quartieri più caratteristici della città. Come se le macchine parcheggiate sul ciglio della strada fossero più belle di una fila di biciclette.
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