È stato ucciso, come denunciato da una fonte araba? È ancora vivo e "ospite" di al Qaida, come affermato da un'altra fonte? Mentre scriviamo, sia la Farnesina che il Vaticano mantengono una prudente cautela. Stiamo parlando di Paolo Dall'Oglio, gesuita italiano, 59 anni, uomo di pace e acuto politologo, che nei primi anni '80 ha rifondato il monastero siriano di Mar Musa, erede di una tradizione cenobitica ed eremitica risalente al VI secolo. Dall'Oglio è stato rapito alla fine di luglio nella città siriana di Raqqa. Nel 2012 il regime di Assad lo aveva espulso dal paese, nel quale aveva promosso per anni il dialogo interreligioso: un segno anche questo della sua posizione non-conformista, posto che in Siria i cristiani vengono generalmente considerati, assieme ad altre minoranze, fiancheggiatori di Assad.
Giampiero Massolo, direttore del Dis-Dipartimento informazioni e sicurezza italiano, aveva riferito solo qualche giorno fa al Comitato parlamentare per la sicurezza che Dall'Oglio sarebbe stato rapito da un gruppo jihadista locale denominato Emirato di Tall Al Abiad e che i nostri servizi stavano lavorando per stabilire un contatto. Poi, la notizia della sua morte, diffusa da un sito web arabo. Insomma, se per il giornalista de La Stampa Domenico Quirico – di cui abbiamo scritto su questa testata qualche tempo fa – si stanno forse aprendo degli spiragli (le ultime informazioni parlano di un rapimento ad opera di criminali comuni), per Dall'Oglio, che era rientrato in Siria dalla Turchia per negoziare il rilascio di alcuni ostaggi e un parziale cessate il fuoco fra jihadisti e milizie curde, non solo non si vedono soluzioni a breve, ma da ieri non vi è più nemmeno alcuna certezza riguardo al suo essere ancora in vita.
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