La domanda che il mondo si pone nelle ultime settimane è la seguente: quanto rossa deve essere 'la linea' oltrepassata dalla Siria per far reagire Obama? Tutti attendono la reazione degli USA ora che la notizia che il governo siriano avrebbe ripetutamente utilizzato armi chimiche, è stata confermata ufficialmente da Israele la scorsa settimana, dopo i sospetti avanzati anche da Francia e Gran Bretagna. Il Presidente Barack Obama ha affermato dopo le dichiarazioni avanzate dagli ufficiali israeliani, che la Casa Bianca ha bisogno di ulteriori prove sul fatto che le autorità siriane abbiano utilizzato gas su civili e ribelli, e soltanto dopo si potrà valutare un possibile intervento degli USA nella guerra civile che dura ormai da due anni.
La posizione di Obama ha alimentato le speranze dell’opposizione siriana e dei suoi sostenitori sulla possibilità che le forze militari statunitensi si muovano immediatamente per fermare il Presidente Bashar al-Assad nell’impiego di armi chimiche contro i ribelli. I dimostranti hanno urlato a squarciagola slogan e sventolato le bandiere di rivolta al governo in Siria, con frasi contro Assad, lo scorso venerdì nella provincia di Raqqa. I commenti a caldo di Obama hanno costituito la prima risposta pubblica al comunicato emesso giovedì dalla US Intelligence, in cui si concludeva che si poteva accertare su vari livelli che il regime di Assad avesse utilizzato armi chimiche, molto probabilmente il gas Serin, per placare le sommosse negli scorsi mesi. Il dubbio è che in realtà non si sia trattato di puro utilizzo di armi chimiche sui civili, ma di una fuoriuscita accidentale dalle scorte chimiche durante una esplosione. Obama nelle sue dichiarazioni ha insistito nell’affermare che non tollera l’uso di armi chimiche, ma ha anche specificato che non premerà per velocizzare un’azione militare in Siria. "Venire a conoscenza del fatto che armi chimiche possano essere state potenzialmente utilizzate in Siria, non ci dice quando e come questo sia avvenuto” ha dichiarato Obama prima del meeting di venerdì con il re giordano King Abdullah II, uno degli alleati arabi più vicini a Washington. "Ottenere conferme e prove schiaccianti, in questo modo dobbiamo assicurarci di lavorare all’interno della comunità internazionale” ha affermato il presidente “e noi stiamo mettendo tutto l’impegno possibile per focalizzarci su questo elemento”.
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