In occasione del loro summit annuale, i paesi del G-8 hanno ufficialmente assunto l’impegno a lottare contro l’evasione fiscale, promuovere la crescita e lo sviluppo, e combattere la disoccupazione. Era davvero necessario riunire otto capi di Stato e di governo, ridispiegare l’esercito di Sua Maestà in Irlanda del Nord, creare una vasta zona di esclusione, mobilitare 600 giornalisti e inscenare le solite gazzarre antimondialiste per sentire delle banalità cui siamo abituati da almeno cinquant’anni?
In realtà, la grande idea del summit era discutere della questione siriana. Che si è rivelata avventata, al limite dell’autolesionismo: l’unico risultato è stato infatti di ingigantire sproporzionatamente la forza della Russia, permettendo a Putin di tenere in scacco per quattro giorni i suoi sette colleghi. Quando fu ammessa al G-7 (diventato così G-8) per compensarla della perdita del suo impero, la Russia era il parente povero dei grandi del pianeta. L’impressione che si è avuta dal vertice appena concluso è che, oggi, le parti si siano invertite.
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