Sono tra i 200 e i 300 i turisti che ogni giorno visitano il tempio della religione Cao Dai a Tay Ninh, nel Sud del Vietnam, a un centinaio di chilometri dalla capitale Ho Chi Minh City. Arrivano con dei tour organizzati, in pullman che seguono tutti indistintamente lo stesso percorso. Partono la mattina da Ho Chi Minh City e fanno una prima sosta in un negozio di manufatti prodotti da portatori di handicap vittime dell’agente arancio usato durante la guerra del Vietnam. Poi trasbordano il loro manipolo di turisti verso Tay Ninh per assistere alla quotidiana messa Cao Dai di mezzogiorno. Infine si dirigono a Cu Chi, dove i turisti possono percorrere qualche metro di uno dei tunnel in cui si nascondevano i vietcong durante la guerra, assistere alla spiegazione dei mille tipi di trappole che i vietcong tendevano agli americani nella foresta e guardare un video in bianco e nero che incensa i meriti degli "American killer heros", ovvero coloro che durante la guerra uccisero americani in quantità. È così che la visita al tempio di Tay Ninh, inevitabilmente, si perde in questa successione di attività eterogenee e disparate, legate solo dal debole fil rouge del tour organizzato.
Il turista che arriva a Tay Ninh, con ogni probabilità, ha letto nella sua guida che la religione Cao Dai è il "simbolo dell’incontro dell’Oriente e dell’Occidente", che è basata su delle sedute spiritiche, che tra gli spiriti venerati ci sono Giovanna d’Arco, Shakespeare, Lenin e Victor Hugo e infine che il simbolo di questa religione è l’occhio divino sinistro racchiuso in un triangolo. Un’immagine che evoca vagamente un incrocio tra un simbolo massonico e un’icona new age.
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