Il Governo italiano ha inviato una delegazione guidata dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando alla sessione straordinaria dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sul problema mondiale della droga (UNGASS) tenutasi a New York nelle giornate di martedì e mercoledì.
“Il contributo italiano alla UNGASS – ha detto il Ministero della Giustizia – mira a promuovere una più ampia comprensione del problema e delle sue molteplici implicazioni ed un’applicazione realmente integrata e bilanciata delle tre Convenzioni ONU sulla droga. Le politiche in tale campo devono porre al centro la persona umana, la tutela della salute e i diritti umani”.
L’enfasi sull’aspetto medico al problema della droga sembra essere al centro dell’approccio italiano presentato all’Assemblea Generale.
“Abbiamo insistito molto affinché l’elemento della salute e del benessere delle persone sia rafforzato – ha dichiarato Orlando nel corso del suo incontro con la stampa – riconoscendo quello del consumo di droghe come un problema sanitario e la tossicodipendenza come un disturbo multi-fattoriale cronico e curabile che dovrebbe essere trattato prima che punito”.
Questo richiede, secondo il ministro, un atteggiamento pragmatico piuttosto che ideologico, che tenda alla riduzione del rischio e del danno piuttosto che alle sanzioni penali, mirato soprattutto alla salvaguardia di specifiche categorie sociali come le donne, i giovani e la popolazione carceraria.
Proprio sulla questione del nesso tra categorie sociali e l’abuso di sostanze stupefacenti, il ministro ha detto che i dati mostrano che il maggior aumento di arresti compiuti di recente e di sanzioni penali per reati legati alla droghe interessa per lo più le donne e che quindi ogni misura preventiva deve tenere presente questa situazione ed essere attuata in maniera appropriata.
Un altro fattore importante, secondo il ministro, è costituito dalla proporzionalità delle sanzioni. “La legge italiana – ha detto Orlando – prevede una serie di misure alternative alla detenzione e assicura l’accesso alle cure sanitarie anche in carcere”.
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