Mi sono documentata e Bergdorf Goodman esisteva già ed era nel pieno del suo splendore, quando nel 1958 è stato pubblicato Breakfast at Tiffany’s, ma Truman Capote non doveva averlo ben presente, altrimenti avrebbe certamente chiamato il suo capolavoro Colazione da Bergdorf Goodman. Ok, non suona benissimo e io stessa faccio sempre una gran fatica a pronunciare il nome di questo super mega store di lusso su Fifth Avenue, ma avete presente l’idea di fondo che vuole trasmettere Holly Golightly, la protagonista del libro, quando parla di Tiffany? Holly sta per Holiday, non è il suo nome di battesimo, ma quello che si è scelta per New York, come ha scelto di non scrivere il suo nome sul campanello di casa, scegliendo invece la formula “in transito”. Holly è, infatti, una ragazza inquieta, sempre in movimento, mai in pace. C’è un luogo che ha il potere di calmarla perché lì dentro è tutto luminoso e ordinato e splendido ed è Tiffany, la gioielleria. Holly non è un’amante dei gioielli, quello che le piace è l’atmosfera ovattata e rassicurante di Tiffany, dove sembra non possa accadere nulla di male.
Ecco, a essere sincera, sarà che a me i gioielli convenzionali piacciono ancora meno che a Holly Golightly o sarà la perenne folla di turisti, ma a me Tiffany tutto questo effetto magico non lo ha mai fatto. C’è invece un posto che ha su di me un effetto euforizzante quanto lo champagne ed è gratis ed è Bergdorf Goodman. Sì, avete capito bene: è gratis. Anche se è uno dei negozi più lussuosi del mondo, o forse proprio per questo motivo, non c’è bisogno di fare shopping lì dentro per sentirsi inebriate e felici, basta passarci un po’ di tempo. Io non ho mai comprato niente lì, eppure ogni volta che ci vado mi sento bene. È un posto che mi aiuta ad alimentare i miei sogni. Trovo che rappresenti perfettamente lo spirito di New York e non sono l’unica.
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