Quando sono nato, nel 1984, le avventure epiche alla Marco Polo, Magellano, Amundsen, Bonatti, Cousteau, Messner, si stavano trasformando in sport estremi e sterili spettacolarizzazioni televisive, in cui spesso la tecnologia comanda sull’uomo o dove bisogna a tutti i costi battere dei record.
Oggi la situazione è ulteriormente degenerata. Chi, come me, ha un grande amore per l’avventura, ma non vuole diventare un “attore” o non ha le capacità dell’atleta dell’estremo, può quindi inventare i propri obiettivi guidato dalla propria curiosità, cercando di trarre, dal loro raggiungimento o fallimento, la massima esperienza possibile. Un’ esplorazione più interna che esterna. Forse l’unico genere di avventura che non potrà mai mancare all’uomo, data la sua intelligenza limitata davanti ai grandi misteri, può essere il tentativo di conoscere se stesso e dare un proprio senso alle cose.
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