In questi giorni consacrati al 150° anniversario della proclamazione del Regno d’Italia, sui giornali peninsulari si dà conto di una tenzone veramente singolare tra paladini dell’italianità e suoi detrattori. Ma, dal di fuori, si ha la netta sensazione che si tratti, piuttosto, di una stanca scaramuccia di simboli contrapposti, i cui obiettivi, da una parte come dall’altra, sono assai lontani da quelli pubblicamente conclamati.
È un peccato. Il 50° anniversario, nel 1911, fu anche allora l’occasione di un diluvio di retorica patriottica, culminata con l’inaugurazione del Vittoriano a Roma – uno dei monumenti più esecrati di sempre; ma fu anche l’occasione di una riflessione critica profonda sulle ragioni per le quali l’unità politica non si era trasformata in effettiva unità nazionale, riflessione cui presero parte non solo repubblicani, socialisti e nazionalisti – oppositori “sistemici”, allora, del regno sabaudo – ma anche illustri liberali non sensibili alla facile retorica come, per fare un nome, Benedetto Croce. Cent’anni dopo, la riflessione critica è scarsamente udibile, coperta dal chiassoso protagonismo della Lega – finto oppositore “sistemico”, che si trova al governo – e di qualche sindaco pittoresco in vena di pubblicità e, possibilmente, di rinegoziazione di antichi privilegi. Gli altri, compresi i compagni di cordata della Lega alla testa del paese, si ritrovano in un apparente sventolio concorde di pleonastici tricolori, tutti divisi su tutto, come gli ultimi mesi di cronaca politica italiana hanno dimostrato, e come dimostreranno i prossimi, non appena smessi i doverosi panni patriottici del 1 This is premium stuff. Subscribe to read the entire article.Support authors and subscribe to content
Discussion about this post