Dopo Asor Rosa, Lassini. Dopo l’illustre italianista che inneggia al colpo di stato per destituire Berlusconi, l’oscuro consigliere comunale che urla “Via le BR dalla Procura”. Deve essere il clima. Di fronte ad espressioni di sciagurata irrazionalità, si aprono due strade. Una porta a chiedersi, censurato l’eccesso, ripulita l’escrescenza, se rimanga un concetto su cui riflettere. L’altra, alla totale rimozione. Imboccano la prima quanti sono disposti a sostenere una critica complessa e dolorosa; la seconda, quanti invocano una semplificazione analgesica e consolatoria. Quella è una cura, questa, un esorcismo.
La lettera con cui, rivolgendosi al CSM, il Presidente Napolitano ha stigmatizzato i manifesti di Lassini sembrerebbe una semplificazione esorcistica. Intesa semplicemente a rassicurare e confortare un sentimento diffuso: la magistratura merita il rispetto che si deve ad ogni repubblicana Istituzione, tanto più in quanto ripetutamente colpita da quella organizzazione terroristica. Ma assolto con prontezza il compito rituale, l’esorcismo, se fosse realmente tale, lascerebbe le cose come stanno, per chi non godesse di illuminazioni supplementari. Vale a dire, rimossa l’escrescenza deformante, lascerebbe intatto il concetto originario, rimasto tale qual’era prima di essere malamente eruttato da Lassini. Concetto che è anche una questione: se, nei confronti di Berlusconi, sia in atto un’azione impropria e abusiva della Procura di Milano. Se fosse un esorcismo. Perché, in realtà, il monito di Napolitano non viene sul proscenio da solo, ma accompagnato da una allocuzione precedente, pronunciata pure questa innanzi il CSM (giugno 2009). Allora non solo il Presidente della Repubblica (e del CSM) rilevò l’esistenza di una preoccupante “crisi di fiducia e di prestigio nella magistratura”, ma ne individuava l’origine in cause interne alle stessa, ammonendola ad “una seria, aperta e non timorosa autocritica” e a riflettere “su quanto abbiano potuto e possano nuocere alla sua credibilità tensioni ricorrenti all’interno della stessa istituzione…” nonché “…su sue più specifiche responsabilità nel radicarsi di tensioni e opacità sul piano dei complessivi equilibri istituzionali”(parole del Giugno 2009). Ecco che, in tal modo, la lettera al Vice-Presidente Vietti disvela la sua vera natura e, da apparente riflesso rituale e palliativo, proprio perchè connesso al suo reale precedente, diviene il necessario completamento di un discorso unitario, complesso e consapevole, avviato, in primo luogo, sul piede di una severa critica alla magistratura. Lassini ha solo offerto l’occasione per completarlo, e bene ha fatto Napolitano a coglierla. E’ un discorso che si compie, si chiude in una sintesi armonica e comprensibilissima: la magistratura deve svolgere severe autocritiche, poiché preda di interne tensioni che ne hanno compromesso il prestigio e la credibilità; tuttavia, se le critiche, anche istituzionali, a simili interne tensioni trasmodano in manifestazioni rozze e violente, queste vanno senza meno stigmatizzate, giacchè interne tensioni della magistratura e critiche smodate, insieme, possono determinare “le più pericolose esasperazioni e degenerazioni” (parole di oggi). Degenerazioni il cui significato è da cogliere nel “…radicarsi di tensioni e opacità sul piano dei complessivi equilibri istituzionali” (parole del Giugno 2009) già precedentemente imputate a “…specifiche responsabilità…” della magistratura. Se non fosse ancora chiaro che la commedia ha due protagonisti, e non uno solo, Napolitano chiude il suo monito con un “richiamo al senso della misura e della responsabilità da parte di tutti”.(parole di oggi) Richiamo corale che non avrebbe avuto senso se avesse inteso riferirsi solo a Berlusconi, e, conseguentemente, se non avesse avuto presente, come invece ha avuto, il suo precedente intervento. Punto.
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