Ci sono grosso modo due partiti nel campo anti-berlusconiano: il partito dello "sbattetelo in galera" e il partito del "lavoriamo per sconfiggerlo politicamente". I due gruppi militanti non sono molto lontani gli uni dagli altri, naturalmente, ma è innegabile che il percorso degli "sbattenti" e quello dei "politici" siano alquanto differenti sul piano della preferenza, su quello dell’azione concreta ed anche, ovviamente, del "rapporto", chiamiamolo così, con quelli che invece il Berlusca lo amano tanto. Per loro, naturalmente, gli sbattenti sono dei forcaioli che siccome non riescono a riempire le schede elettorali si attaccano alla giacca dei magistrati, mentre i politici li considerano semplicemente degli sbattenti mascherati.
Recentemente è accaduto che il destino abbia regalato agli sbattisti una bella torta a base di meringhe, pasta di castagne, pezzetti di torrone e tante altre cose impegnate a combattersi fra di loro per decidere chi era più dolce, sottoforma di inizio del processo "nipote di Mubarak"; mentre ai politici lo stesso destino, per non essere "cinico e baro" (come diceva il più mediocre dei presidenti della Repubblica: quello che come eredità lasciò le cantine del Quirinale svuotate di tutto il vino che c’era), ha riservato un gigantesco, dolcissimo strudel, vestito da elezioni comunali che hanno fatto gridare "siamo tutti milanesi" e da referendum che per Berlusconi è stato la botta più micidiale perché fra le varie cose travolte dai votanti c’era anche il suo gioiellino chiamato "legittimo impedimento" che aveva il compito di consentirgli di mandare a quel paese i giudici quando gli fosse parso e piaciuto.
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