La storia è nota. Saverio Romano, attuale ministro della Repubblica ed esponente politico siciliano di primo piano, dovrà rispondere alla giustizia italiana del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. A questo epilogo si è giunti in modo un po’ rocambolesco. I pubblici ministeri (pm), che hanno tenuto Romano sotto inchieste per otto anni (l’Italia, forse, è l’unico Paese occidentale dove un cittadini viene tenuto sotto inchiesta per otto anni), a un certo punto, avevano deciso di proscioglierlo. Ma il Giudice per le indagini preliminari ne ha invece disposto l’incriminazione coatta.
Per cercare di far capire ai lettori americani quello che sta succedendo – cosa non facile – va detto che in Italia i pm non sono espressione, come negli Stati Uniti, di un ufficio il cui vertice viene eletto dal popolo. Nel Belpaese tutti i magistrati – quelli che indagano e reggono le accuse e quelli che giudicano – lavorano negli stessi uffici. In una parola, sono colleghi.
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