"Fottere, fottere, fottere", era uno degli slogan piú popolari del Fascismo che non fu una dittatura imposta ma un regime che fino al 1940 godette del consenso della stragrande maggioranza degli italiani. Che Silvio Berlusconi – ultimamente sempre in camicia bruna – se ne “fotta” e che, quando “non perde tempo da premier”, pensi solo a superare il suo record di “otto di fila su undici”, non ci sorprende piú. Ció che in questi giorni anche i giornali stranieri riprendono strabiliati, non sono novitá per gli italiani. Silvio non verrá affossato per ció che non farebbe rimanere al governo un minuto di piú un altro leader in un altro paese. Non ha nulla da farsi perdonare, scrive infatti il Cavaliere al suo popolo, e cosí la stragrande maggioranza degli italiani non gli contesterá mai la sua imitazione, anche se un po’ buffonesca, della virilitá del Duce del fascismo. Gli italiani hanno votato e continueranno a votare Berlusconi, come quando acclamavano Benito Mussolini, non per una aspettativa nel proprio leader di onestá morale o grande visione politica, ma perché convinti che sia l’audacia senza scrupoli, il furbo che “fotte prima che l’altro ti fotta”, a portare vantaggi anche al loro “particulare”.
Ció che ha detto Terry De Nicoló, una delle donne che fa la fila per Silvio, é senza ipocrisie. Molti italiani la pensano cosí, convinti che nella loro societá col rispetto delle regole non si vince mai e se non vuoi rassegnarti ad essere un perdente devi “fottere gli altri”.
C’é un detto siciliano: isti pi futtiri e fusti futtutu. Quello che sta fregando Berlusconi, nel suo rapporto privilegiato con gli italiani che lo hanno finora sostenuto, non sono i suoi scandali, ma il fatto che loro stessi adesso si sentono “fottuti”. La crisi economica cancella la politica del “fotti e lascia fottere” di Silvio, mette il suo governo con le spalle al muro, costretto a dover rispondere ai diktat dell’Europa o col cappello in mano ad auspicare il finanziamento dalla Cina.
Basta con l’illusione che con la defenestrazione di Berlusconi l’Italia volti pagina. Non siamo sul precipizio piú pericoloso della storia unitaria, come avvenne con la Seconda Guerra Mondiale, adesso per colpa di Berlusconi. Le contraddizioni italiane non nascono dal suo Premier, lui ne é solo lo specchio.
Martedí scorso, chi era all’Istituto italiano di Cultura di New York, ha beneficiato dell’incontro con l’autore di un libro tanto “controversial”, come lo ha definito il Direttore dell’Iic Riccardo Viale, quanto indispensabile per capire i perché della nostra diversitá dalle altre nazioni occidentali. Manlio Graziano, politologo della Sorbonne, nel suo “The Failure of Italian Nationhood” (Palgrave 2011), sostiene come “il peccato originale” dell’Italia sta nelle circostanze in cui avvenne l’Unitá.
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