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November 20, 2011
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L’OPINIONE/ L’Unione dagli affari d’oro

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
in foto il Presidente del Consiglio italiano Mario Monti

in foto il Presidente del Consiglio italiano Mario Monti

Time: 6 mins read

Cari lettori americani, in questi giorni vi sarà capitato di leggere di tutto e di più sul nuovo governo italiano. E’ vero, dentro ci sono un sacco di banchieri, a cominciare dal neo presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti. E ci sono un sacco di personaggi del mondo economico e finanziario che conta. E’ anche vero che il governo ha già annunciato "cose non piacevoli". Anche se tra queste – c’è da giurarci – non ci sarà un’imposta patrimoniale e, in generale, non ci saranno provvedimenti per colpire i ricchi (se sono sulla plancia di comando del Belpaese perché mai dovrebbero darsi la zappa sui piedi?), ma aumento dell’Ici e altre tegole sulla testa delle famiglie a reddito medio basso.
Il tema che vogliamo affrontare oggi è un altro. Ed è un po’ più serio. Partendo dal presupposto che, a nostro modesto avviso, l’obiettivo della cosiddetta speculazione finanziaria internazionale non è l’Italia – come ancora si cerca di fare credere – ma l’Unione Europea e, segnatamente, l’euro. Cioè la cosiddetta eurozona.
Perché siamo convinti di questo? Per un motivo semplice: perché nel mondo – da che
mondo è mondo – il governo di ogni Paese ha sempre cercato di assicurare prosperità e benessere alla proprio popolo.
Talvolta lo ha fatto legittimamente. Qualche volta andandoci pesante contro altri Paesi. Le guerre, si diceva un tempo, quando ancora si rifletteva un po’ sul significato della politica, sono la conseguenza estrema dei dissidi economici tra le nazioni.
L’Europa, anzi, l’Unione Europea non ha fatto molto per non attirarsi addosso azioni che, a lungo andare, non la stanno aiutando.
C’è, in questa Unione Europea, uno spirito un po’ megalomane (forse, a pensarci bene, andrebbe bene il megalomane senza il po’).
Un’idea di grandezza che, putroppo, nel corso dei secoli, per chi ama la storia, qualche guasto lo ha prodotto (forse più di ‘qualche’). Soprattutto nel cosiddetto "Secolo breve", il Novecento, quando, proprio dal cuore della vecchia Europa, è venuto fuori un ‘mostro’ che non c’è nemmeno bisogno di citare.
L’Europa unita non è nata male. Ma sarebbe da uomini di malafede negare che, negli ultimi quindici anni, questa Comunità economica europea prima e l’Unione Europea poi ha imboccato una strada una po’ strana, fatta di pochi valori e ricca di interessi economici e finanziari che poco hanno a che vedere con gli interessi della gente comune.
ll bello è che, da quando le ‘massonerie’ degli affaristi hanno preso il sopravvento sugli europeisti genuini è aumentata a dismisura la retorica sull’Unione Europea che, però, al di là delle chiacchiere, resta una grande "espressione geografica", per dirla con Metternich, che si riferiva all’Italia solo perché non ha avuto la ‘fortuna’ di non conoscere l’Europa ‘Unita’ (ma da che e da chi?).
Voi americani – come ha scritto bene il vostro giornalista Stefano Vaccara – siete un po’ stupiti dal fatto che qui in Italia il capo del governo (il già citato Monti) non sia stato eletto dal popolo, ma sia stato designato dai poteri forti (‘forti’, ovviamente,
in Italia, perché fuori dal Belpaese nessuno se li fila).
Non vi dovete stupire. Perché se adesso vi diciamo chi comanda nella tanto decantata Unione Europea, beh, voi non ci crederete. Dovete sapere, cari amici americani, che il tanto strombazzato parlamento Europeo che ha sede a Strasburgo conta quanto il due di coppe con la briscola a denari: che da noi in Sicilia (chi scrive vive a Palermo: capita…) è un modo per dire che non conta nulla. Il parlamento europeo produce solo scartoffie e chiacchiere. E, naturalmente, emolumenti stratosferici per chi va a ricoprire lo scranno parlamentare.
Chi comanda nell’Unione Europea – cioè il potere esecutivo – è nelle mani di una sorta di direttorio che si chiama ‘Commissione’ che ha sede a Bruxelles. Voi direte: questi componenti o membri di tale Commissione vengono eletti dal popolo? Manco per sogno! Vengono designati dalle varie massonerie e dai vari potentati economici, bancari e finanziari. Ovviamente, ci sono le massonerie e i potentati più influenti – che sono quelli francesi e, soprattutto, tedeschi – e le massonerie e i potentati che comandano nel proprio Paese e non contano nulla in questa presunta ‘Unione’ Europea: e l’Italia, come avrete già avuto modo di capire, e tra questi ultimi.
Sapete il bello qual è, cari amici americani? Che negli ultimi anni alcuni di questi Paesi – e l’Italia naturalmente è tra questi – ha ceduto a questa Unione Europea degli affari (loro, ovviamente) quote sempre più importanti di sovranità nazionale e, perché negarlo?, anche di sovranità popolare. Tant’è vero che tutte le scelte operate da Bruxelles – negli utlimi anni tutte rigorosamente sbagliate – in Italia non sono mai state sottoposte al referendum popolari per vedere cosa pensano gli italiani. Sono state imposte con la forza e con la prepotenza.
Per esempio, da questa Unione Europea degli affari (loro: e scusateci se ci ripetiamo) sono arrivate le cose peggiori in materia agro-alimentarìe.
Si è parlato, per citare un caso – ma non è l’unico – di portare dal 12 al 30 per cento la presenza di succhi di frutta veri nei succhi di frutta imbottigliati. Proposta ‘bocciata’ perché non piaceva alla grande industria.
Ci sono stati problemi con il vino e hanno cercato perfino – per ora non ci sono riusciti, ma non è detto che non ci riescano – a produrre il cioccolato senza cacao. Quella che viene definita "tracciabilità" di un prodotto, ovvero l’obbligo, per chi produce e immette prodotti alimentari sul mercato, di descrivere la ‘storia’, ad esempio, di un frutto o di un ortaggio – dal momento della semina fino alla raccolta, passando per le tecniche di coltivazione (con o senza pesticidi) e chiudendo con le tecniche di conservazione. Ebbene, di questa "tracciabilità", che dovrebbe essere a tutela del consumatore, è proprio il caso di dirlo, non c’è traccia.
Da questa Unione Europea sono arrivati due iniziative – purtroppo concretizzate – che hanno dato il colpo finale alla stessa Unione: l’allargamento demenziale da 15 a 27 Paesi (errore grossolano tipico, per l’appunto, delle megalomania) e l’euro che, al di là delle definizioni, non è altro che il marco tedesco ‘travestito’ da divisa europea.
Forte dell’euro (che, detto per inciso, ha ridotto drasticamente il reddito degli italiani) e complice un 11 settembre che ha anticipato di tre mesi circa l’entrata in vigore della moneta unica europea e indebolito l’area del dollaro, i banchieri e le varie massonerie mitteleuropee hanno pensato bene di lavorare per sostituire il dollaro con lo stesso euro negli scambi internazionali. A partire, magari, dal mercato degli idrocarburi. Un’idea, appunto, un po’ folle che, con molta probabilità, ha innescato reazioni a catena: economiche, finanziarie e geopolitiche. Tutto questo in un mondo dove, adesso, tra le potenze, si è inserita di prepotenza la Cina.
Non è facile capire quello che sta succedendo. E, soprattutto, non è facile capire quello che succederà nel futuro, immediato e non lontano. Qui in Italia siamo tutti ‘impegnati’ da un lato a credere che quello che è avvenuto in Egitto, in Tunisia e in Libia sia il frutto di ‘spontanee’ rivoluzioni. Molti non ci credono, ma la tesi ufficiale è
questa. E siamo tutti in attesa che l’Unione Europea, tra un’operazione finanziaria e l’altra, trovi il tempo, ad esempio, per elaborare una politica comune rispetto ai temi dell’emigrazione.
Alla fine di questo articolo qualce lettore americano si chiederà e, magari, ci chiederà: come andrà a finire? Non lo sappiamo, cari amici. Ma di una cosa siamo certi: che con questa  Unione Europea di ‘mercanti’ in questa Unione Europea che ha provato a eliminare – per ora senza riuscirci, ma non è detto che non ci riesca – le radici cristiane dalla propria Costituzione non andremo lontano.

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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