Attraverso gli anni Franco Zangrilli (in foto) si è rivelato uno studioso serio e sensibile che con ritmo instancabile ci ha sorpreso con numerose pubblicazioni su una serie di argomenti di critica letteraria, comparata e inerente alla poetica di scrittori contemporanei. Con saggi singolari si è interessato anche degli scrittori classici, in particolare dei tragici greci e di Cervantes. Dopo averci dato «La penna diabolica. Buzzati scrittore-giornalista», in questo suo ultimo studio - «Muse di Buzzati. Realtà e mistero» - ritorna a trattare della poetica buzzatiana, affrontando argomenti nuovi, finora ignorati dalla critica. Il libro è composto di cinque capitoli, più un’Introduzione che fornisce le coordinate biografiche principali dello scrittore, dalla sua formazione all’attività di giornalista e scrittore, e illustra le principali direttrici dello studio. Si incomincia ad entrare nel mondo buzzatiano attraverso alcune riflessioni stilistiche che si soffermano sulla tecnica narrativa dello scrittore e mettono in rilievo come Buzzati (nella foto in basso), attraverso uno stile giornalistico scaltrito e attraente, affidi sempre a qualche evento imprevedibile, scelto perché capace di introdurre al fantastico, il doppio compito di sollecitare l’attenzione del lettore e trasportarlo nell’irreale. Da questo punto di osservazione privilegiato, egli analizza la realtà, di cui riesce a cogliere sempre l’assurdo, l’ambiguità, la contraddizione per arrivare a formulare sferzanti giudizi ironici e moralistici. L’indagine vera e propria - che muove da una conoscenza a tutto tondo dell’opera buzzatiana - si snoda a partire dal secondo capitolo: “Angeli e Dèmoni nei racconti di Buzzati”. Il sentimento religioso di Buzzati è squadrato da ogni angolazione, da quella familiare che prende le mosse dalle radici cristiane della sua formazione - l’infanzia dominata dalla religiosità della madre, figura angelicata e pia, dedita con fervore alle pratiche della fede – fino all’avvento della ragione che segna, per Buzzati, la nostalgica e talora infastidita consapevolezza di un’illusione perduta. Zangrilli ne indica, di volta in volta attraverso puntuali riferimenti al testo, la presenza latente, tra contraddizioni, certezze razionali, dubbi di chi, pur professando l’ateismo, avverte un senso di religiosità che permea tutta la sua produzione, nella convinzione dell’opportunità di un inganno necessario. L’analisi, che taglia trasversalmente ed esaustivamente la produzione dello scrittore, passando in rassegna la “foresta di simboli” intricatissima che cresce rigogliosa in ogni angolo della narrazione, mira a dimostrare che Buzzati si serve della religione (ma anche, come vedremo più avanti, del surreale, degli animali o della metamorfosi) per descrivere la complessità dell’animo umano. E se ripensa alla figura materna con la nostalgia e la disillusione che ricorda lo sguardo disincantato del Pascoli di “Ultimo viaggio”, non manca di far notare la lontananza della Chiesa dall’uomo, pur costellando la narrazione di simboli divini come l’acqua, il mare, la montagna e la morte, protagonista di numerosi racconti. Sempre dalla tematica religiosa prende le mosse il terzo capitolo che Zangrilli dedica al “Natale nei racconti di Buzzati”, per evidenziare come il fascino di questo evento risieda, per il narratore, nella fusione tra realtà sociale e mistero universale, considerandolo un complesso “simbolo cronotopico” (p. 73) che scandisce l’anno. L’evento è descritto sempre con un’attenzione all’anomalia e all’assurdità, in toni talvolta anche parodici ma diretti sempre a porre in rilievo una società avida, contraddistinta da una fede che ormai ha perso di vista l’insegnamento del Vangelo. E lo fa ponendo l’accento sullo stridore corrosivo, postmoderno, che nasce dal confronto ravvicinato tra l’antico Natale, con le sue illusioni e la sua fede, e la modernità, squallida, travolta dal consumismo. Nel capitolo IV, invece, si affronta un tema molto diffuso nella narrativa di Buzzati: “L’animale nei racconti di Buzzati”, con l’intento di analizzare la funzione e il ruolo rivestito dagli animali che popolano i suoi racconti, talvolta surreali, enormi o soggetti a metamorfosi inaspettate, indispensabili per illuminare le inquietudini e le ansie degli esseri umani. La rassegna è forse la più affascinante del libro perché penetra più da vicino e più a fondo la simbologia buzzatiana. Zangrilli mette a nudo una tecnica ricorrente: quella di descrivere gli animali con le caratteristiche di altri animali o di criticare, attraverso la descrizione dei loro comportamenti, gli esseri umani, stratagemma utile allo scrittore per assumere un punto di vista straniato da cui guardare la realtà e smascherare la cecità della Chiesa, i cattivi comportamenti, gli scongiuri e le false credenze degli uomini. Talvolta ci si sofferma a studiare l’animo femminile, come nella “Moglie con le ali” (p. 120), uno dei tanti racconti in cui Buzzati fa uso della metamorfosi, costatagli il raffronto con Kafka (p. 107), che non infastidì solo Emilio Cecchi come “cosa fastidiosa […], presenza larvale, ma perentoria, inquietante” («Storia della Letteratura Italiana, Il Novecento», Milano, Garzanti, 1969, p. 694), ma Buzzati stesso (p. 139). Nel capitolo successivo, “Il pirandellismo nei racconti di Buzzati”, torna un tema caro a Zangrilli, già affrontato magistralmente in altri studi come nel già menzionato «Scrittori allo specchio. D’Annunzio e Pirandello»: i rapporti, gli influssi, l’eco di uno scrittore nell’altro (per citare solo il più recente, ma si potrebbe pensare anche a «Pirandello, presenza varia e perenne», in cui si studiano, tra gli altri, i rapporti tra Pirandello e Papini e Pirandello e Landolfi). Si parte dalla figura materna, presente nei due autori, fino ad evidenziare tutti i temi che li accomunano, quali il sogno, l’illusione, la pazzia, ma anche l’irreale insito nel reale, l’impossibilità della comunicazione, l’incomunicabilità tra i personaggi, lo sdoppiamento, lo s p e c c h i o , l’umorismo, la morte sociale in opere come «Il fu Mattia Pascal», le «Novelle per un anno» e «L’erroneo fu» di Buzzati. Nella Conclusione, infine, Zangrilli f o r n i s c e un’accurata ricognizione della produzione drammatica dello scrittore, con particolare riferimento a temi ricorrenti quali la condizione della società postmoderna e l’inquietudine che si ingigantisce di pari passo con l’avanzare del progresso e del consumismo. L’essere umano, immerso in una rete di misteri, si consuma in un’attesa senza fine e cade costantemente in crisi, diviso tra la globalizzazione, che attraverso le mani di pochi potenti distrugge le culture e la civiltà, e le follie, le superstizioni, le Sfingi, le Meduse e tutti i misteri da cui tenta invano di sfuggire perché riposti, ormai stabilmente, nella propria psiche. Lo scrittore esce da queste pagine a tratti nitidi e rigorosi, con una fantasia ridimensionata e cosciente che nasce dalle pieghe più riposte della realtà e della razionalità per tornare alla realtà stessa, dopo funamboliche escursioni nel surreale. Simboli, figure, chimere svelano il mondo interiore dello scrittore in un testo complesso e stratificato fruibile, come Zangrilli dice per Buzzati, a vari livelli. Da quello più discorsivo e piacevole che introduce allo studio dell’autore illustrandone, con dovizia di citazioni, la produzione narrativa attraverso uno stile sempre fluido e accattivante, si può arrivare a godere del più complesso, destinato agli studiosi, che sonda i misteri della simbologia buzzatiana, per farne quasi un’indagine iconologica, indispensabile per chi voglia addentrarsi nello studio di Buzzati narratore, un’accuratissima rassegna che passa in esame tutte le figure ricorrenti, le loro funzioni e la loro genesi. Si illustrano così le fonti dell’ispirazione e della tecnica narrativa nei minimi dettagli, fino a ricavarne un’immagine di bizzarra e austera sobrietà non lontana, forse, da quella che Buzzati stesso immaginava e ricercava quando tratteggiava i propri quadri. «Muse di Buzzati. Realtà e mistero», di Franco Zangrilli, pp. 196, Metauro Edizioni, Pesaro, 2012