Ha ragione Stefano Vaccara, quando su queste pagine, a proposito delle “spiate” operate dalla National Security Agency ai danni di paesi “alleati” e “amici”, osserva che si tratta della scoperta dell’acqua calda; e lasciamo perdere per un momento le assicurazioni e le promesse di Barack Obama che in qualche modo giustifica l’operato dei suoi servizi segreti, perché compito di un servizio segreto è appunto quello di assumere, segretamente, informazioni; e cercare di impedire che altri facciano quello che fa lui. D’accordo, così fan tutti, ma non tutti si fanno infinocchiare da un contractor di basso livello dell’intelligence come Edward Snowden; non tutti si fanno trovare con le dita nella marmellata per la delazione di uno Snowden qualunque; e questo dovrebbe far riflettere Obama (e non solo lui, beninteso) sui comparti di sicurezza dei servizi stessi. Perché se si può ritenere benefico che in questo caso uno Snowden abbia provocato tutti il finimondo di queste ore (più di superficie che reale, s’azzarda), questo non significa che altri tipi di “effetti”, altri Snowden, possono provocare. E’ la memoria richiama alla mente quanto ebbe a dire Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale sotto la presidenza di Jimmy Carter, l’indomani degli attentati alle Twin Towers e al Pentagono: “Il 10 settembre non sapevamo nulla di questi attentatori. Il 12 settembre tutto”. Traduzione: le informazioni c’erano. Il problema era saperle “leggere”. Raccogliere una mole di dati e di “notizie” e non saperle usare per tempo: semmai è questo il problema di tutte le intelligence. E per quanto riguarda l’Italia: lo scandalo non è tanto che gli Stati Uniti (o altri) abbiano piazzato microspie nelle ambasciate italiane (e sai che avranno spiato!), quanto il fatto che il nostro contro-spionaggio non l’abbia saputo o potuto impedire. E’ su questo, semmai, su cui converrebbe ragionare.
Ad ogni modo Obama promette che saranno forniti tutti i chiarimenti richiesti a gran voce dai paesi amici spiati; e li si può già immaginare, che chiarimenti saranno. Poi, se si vuole, si potrà anche fare dell’ironia sul “non è carico” detto da Emma Bonino, nei confronti degli “spioni” americani; a parte che Bonino nell’intervista al “Corriere della Sera” ha detto cose molto ragionevoli, a volerla inchiodare a quel “non è carino” è operazione che si qualifica da sola. Chissà che cosa si pretende, si vorrebbe forse imitare il Tullio Bescom interpretato da Peters Sellers ne “Il ruggito del topo” di Jack Arnold? Come il ducato di Grand Fenwick dovremmo dichiarare guerra agli Stati Uniti?
Support authors and subscribe to content
This is premium stuff. Subscribe to read the entire article.
Discussion about this post